Quando si verifica una perdita, è necessario individuare i responsabili aziendali, per studiare i rimedi più opportuni e per valutare la convenienza dell’immissione di nuovi mezzi finanziari.

Le perdite presentano caratteristiche anche profondamente diverse fra loro a causa dei seguenti fattori:

trend storico (andamenti crescenti, decrescenti o stazionari) e successione più o meno regolare;

intensità, espressa in rapporto al fatturato o con altri indici;

struttura;

cause scatenanti (cause generali, cause di settore, cause specifiche d’azienda; cause permanenti o cause transitorie, etc.);

Per ciascun fattore, formuleremo qualche breve considerazione.

Trend storico

Non interessa tanto la perdita registrata in un dato esercizio (perché può rappresentare un fatto episodico e non significativo), quanto la sua persistenza e la sua tendenza.

La persistenza delle perdite è indice evidente di seri fattori di crisi. Se le perdite sono crescenti, così da definire una tendenza definita, è palese che i fattori di crisi siano in via di aggravamento. In tal caso, senza rapidi e radicali correttivi, l’azienda si avvia rapidamente al collasso.

Intensità della perdita

La misura della perdita non deve essere in termini assoluti, ma relativi.

Il modo più frequente di esprimere questa misurazione è il rapporto delle perdite rispetto al fatturato del medesimo periodo. In casi particolari si possono utilizzare forme diverse: perdita media per addetto, per unità di prodotto, etc.

L’intensità è un aspetto fondamentale, perché è il criterio principale per stabilire la possibilità o l’impossibilità di recuperare l’azienda.

Si possono individuare molteplici livelli di intensità delle perdite, i quali fungono da indicatori di punti di non ritorno al di là dei quali è praticamente impossibile che l’azienda possa tornare a produrre utile.

Se i livelli di perdita sono dell’1-2%, possono essere giudicati bassi; se sono compresi fra il 2 e il 5% sono giudicati gravi; se sono situati fra il 5% e il 10%, sono molto gravi e difficilmente recuperabili; oltre il 10%, la situazione è praticamente irrecuperabile.

Struttura della perdita

L’esame della perdita deve indicare se esistono margini operativi lordi, cioè se esiste un risultato economico positivo prima di ammortamenti, di oneri finanziari e di eventuali componenti straordinari negativi di reddito.

Le prime due esclusioni tendono a separare dal reddito due componenti particolari:

gli ammortamenti, poiché corrispondono a costi già sopportati e quindi in ogni caso assorbiti a prescindere dall’andamento della gestione;

gli oneri finanziari, poiché sono legati essenzialmente alla struttura finanziaria dell’azienda, cioè a fatti neutrali rispetto alla capacità di gestione.

L’esclusione delle componenti straordinarie negative di reddito è giustificata dal fatto che queste non hanno una ricorrenza ben precisa, ma si manifestano occasionalmente. Per tale ragione, non devono generare occupazione.

Una perdita contenuta nei limiti degli ammortamenti non deve essere tale da giustificare la cessazione dell’attività, poiché essa si verificherebbe comunque. A sua volta, una perdita nei limiti degli oneri finanziari si potrebbe eliminare, sostituendo i mezzi di terzi con mezzi propri.

L’analisi della struttura della perdita deve passare anche attraverso uno studio della sua struttura finanziaria, o meglio della sua traduzione in termini di flussi di cassa.

Al netto delle classiche voci di autofinanziamento (ammortamenti e accantonamenti vari), le perdite si traducono qualche volta in flussi di cassa positivi, mentre altre volte permangono flussi negativi. In ognuno dei due casi, la situazione aziendale è evidentemente ben diversa.

In alcuni casi, gli effetti delle perdite possono essere mascherati con opportune operazioni di maquillage; in altri casi, invece, possono risultare gonfiati.

Ad esempio, perdite originate da un forte peso degli oneri finanziari possono essere state scatenate da fattori inflazionistici. In altre parole, gli oneri finanziari costituiscono in buona parte un compenso per la svalutazione monetaria del capitale assunto a prestito.

Cause determinanti
Le cause all’origine delle perdite sono indirettamente le cause che hanno generato la crisi. Rinviamo dunque il lettore alla lettura del paragrafo 3.2.

Dopo l’analisi delle perdite, l’azienda deve scegliere con determinazione cosa fare: se tentare il risanamento, se liquidare o cedere.

Per riportare l’azienda in linea di galleggiamento, lo strumento è il piano di risanamento, che prevede la redazione di un progetto con una serie di politiche e di strategie ritenute capaci di risolvere in modo positivo la situazione aziendale.

Per decidere occorre mettere in evidenza il relativo fabbisogno finanziario, i risultati economici attesi e i tempi di realizzazione. Il valore del fabbisogno finanziario scaturisce dalla somma del fabbisogno necessario per l’applicazione del piano e il fabbisogno necessario a sopportare altri periodi di perdite.
Il giudizio positivo riguardo al fabbisogno porta alla ricerca di nuovi mezzi finanziari e all’applicazione del progetto. Un parere negativo, invece, porta alla decisione di liquidare o cedere l’azienda, prima che sia troppo tardi.

La rapidità con cui si prende una decisione è di fondamentale importanza: come scrive il Coda, qui entra in gioco la «responsabilità e la solidità del soggetto economico».

Per prima cosa, la responsabilità si riferisce al fatto che il soggetto economico deve essere pronto a compiere scelte drastiche e dolorose, lasciando da parte l’emotività. Chiudere un’attività non è un disonore, ma una strategia che, se ben gestita, può portare ottimi risultati.

Per secondo, la responsabilità si riferisce anche alla capacità del soggetto economico di coinvolgere i propri collaboratori nella realizzazione del piano.

L’esperienza dimostra che piani di risanamento perfettamente organizzati sono falliti clamorosamente a causa della scarsa convinzione degli operatori aziendali.
Per risvegliare l’entusiasmo delle risorse, spesso si decide l’inserimento di nuovi manager in punti strategici della struttura aziendale.

La solidità del soggetto corrisponde alla sua solidità economica: se non ha sperperato la ricchezza che l’azienda gli ha concesso nei periodi di espansione, sarà perfettamente in grado di riversare nell’impresa i mezzi necessari alla tutela dell’integrità del capitale.

I principali obiettivi del piano di risanamento sono:

ristabilire l’equilibrio economico dell’azienda;

riequilibrare la struttura patrimoniale e finanziaria.

Le perdite causano sempre il disfacimento delle risorse finanziarie; perciò, per risanare l’azienda, occorrerà ricostituire la struttura iniziale. Gli interventi avranno una diversa consistenza a seconda dei casi, ma tenderanno tutti ad un triplice obiettivo:

ristabilire l’equilibrio patrimoniale, cioè l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto alle dimensioni aziendali rappresentate dal totale degli investimenti, dal totale dei debiti e dal giro d’affari;

ristabilire le appropriate relazioni tra le grandi categorie di investimenti e di fonti finanziarie: da un lato, gli investimenti duraturi più gli investimenti a rapido rigiro (scorte e crediti); dall’altro, capitale proprio, debiti a medio-lungo termine e debiti che si rinnovano per rotazione;

ristabilire una idonea dotazione di liquidità, rappresentata sia dai mezzi liquidi che dalla disponibilità di affidamenti.

Nelle aziende in difficoltà, correggere gli squilibri patrimoniali e finanziari è tutt’altro che facile.

Il ricorso al capitale proprio, attraverso nuove sottoscrizioni, è praticamente impossibile, se non è accompagnato dalla contemporanea cessione del capitale di controllo.

Le stesse considerazioni vanno fatte circa la possibilità di accendere un prestito obbligazionario o dei finanziamenti a medio-lungo termine.

Con il susseguirsi delle perdite, l’azienda cessa di essere ritenuta affidabile da terzi e dagli istituti di credito.

I pochi casi in cui aziende in perdita riescono ad ottenere affidamenti sono caratterizzati da condizioni di credito fortemente sfavorevoli, che impongono la ricerca di altri mezzi di finanziamento. I principali rimedi sono:

ristrutturare il debito attraverso l’allungamento delle scadenze o stralciare il debito attraverso gli istituti giuridici di gestione della crisi (Piano attestato, Concordato preventivo, etc.);

disinvestire le immobilizzazioni o le partecipazioni che non siano giudicate essenziali per l’attività aziendale e per lo sviluppo futuro dell’impresa;

ridimensionare i settori ed i prodotti in perdita, oppure contenere i volumi di attività;

cedere a terzi la gestione di una parte delle attività redditizie, delle quali si continua a mantenere il controllo.

Dopo l’analisi delle perdite, l’azienda deve scegliere con determinazione cosa fare: se tentare il risanamento, se liquidare o cedere.

Per riportare l’azienda in linea di galleggiamento, lo strumento è il piano di risanamento, che prevede la redazione di un progetto con una serie di politiche e di strategie ritenute capaci di risolvere in modo positivo la situazione aziendale.

Per decidere occorre mettere in evidenza il relativo fabbisogno finanziario, i risultati economici attesi e i tempi di realizzazione. Il valore del fabbisogno finanziario scaturisce dalla somma del fabbisogno necessario per l’applicazione del piano e il fabbisogno necessario a sopportare altri periodi di perdite.

Il giudizio positivo riguardo al fabbisogno porta alla ricerca di nuovi mezzi finanziari e all’applicazione del progetto. Un parere negativo, invece, porta alla decisione di liquidare o cedere l’azienda, prima che sia troppo tardi.

La rapidità con cui si prende una decisione è di fondamentale importanza: come scrive il Coda, qui entra in gioco la «responsabilità e la solidità del soggetto economico».

Per prima cosa, la responsabilità si riferisce al fatto che il soggetto economico deve essere pronto a compiere scelte drastiche e dolorose, lasciando da parte l’emotività. Chiudere un’attività non è un disonore, ma una strategia che, se ben gestita, può portare ottimi risultati.

Per secondo, la responsabilità si riferisce anche alla capacità del soggetto economico di coinvolgere i propri collaboratori nella realizzazione del piano.

L’esperienza dimostra che piani di risanamento perfettamente organizzati sono falliti clamorosamente a causa della scarsa convinzione degli operatori aziendali.

Per risvegliare l’entusiasmo delle risorse, spesso si decide l’inserimento di nuovi manager in punti strategici della struttura aziendale.

La solidità del soggetto corrisponde alla sua solidità economica: se non ha sperperato la ricchezza che l’azienda gli ha concesso nei periodi di espansione, sarà perfettamente in grado di riversare nell’impresa i mezzi necessari alla tutela dell’integrità del capitale.

Con il termine turnaround (letteralmente inversione), si intende il recupero dalla perdita all’utile di esercizio.

Il turnaround comprende tutti quei provvedimenti gestionali finalizzati alla ristrutturazione finanziaria, patrimoniale ed economica di un’azienda in crisi, attraverso un appropriato piano di risanamento.

In concreto si tratta di disporre adeguate strategie per migliorare l’efficienza produttiva, per razionalizzare i costi, per perfezionare l’organizzazione delle risorse umane, per ristrutturare i debiti, per potenziare lo sviluppo e la ricerca, per rilanciare le vendite attraverso un adeguato piano di marketing e web marketing.Insomma, lo scopo del turnaround è potenziare e perfezionare l’azienda nella sua globalità.

Il turnaround è la condizione necessaria di tutti i risanamenti aziendali.

La crisi non è un processo istantaneo, ma segue una precisa evoluzione come abbiamo visto nel capitolo precedente.

Se la perdita diventa cronica, la crisi degenera nell’insolvenza e i suoi effetti si riflettono all’esterno dell’azienda: l’azienda può essere sottoposta al giudizio dell’autorità giudiziaria, che stabilisce quale debba essere il suo futuro.

Generalmente si ritiene che il turnaround possa essere messo in atto solo durante il primo stadio, quando le perdite non sono croniche. In realtà, il turnaround può e deve essere messo in atto anche in caso di eventuale intervento dell’autorità giudiziaria.

Il ricorso agli istituti giuridici (Piano attestato ex Art. 67, Accordo di Ristrutturazione dei Debiti ex Art. 186-bis) non è affatto un impedimento all’attuazione del piano di risanamento. Al contrario, qualora l’adozione di un istituto giuridico avesse messo ordine nella restituzione dei debiti e delle imposte, è necessaria una strategia in grado di rilanciare l’azienda. Se, infatti, dopo l’intervento giudiziario e la ristrutturazione finanziaria le perdite continuassero, ci si ritroverebbe punto a capo!

Il turnaround, dunque, è una manovra fondamentale, se si vuole uscire dalla crisi. Non ci sono altre strade.

L’attuazione del turnaround avviene attraverso il piano di risanamento aziendale, che sarà oggetto della trattazione nelle prossime pagine: prima analizzeremo la perdita e la decisione di intervento, poi descriveremo dettagliatamente tutti i fattori da tenere presenti nella redazione del piano, compresa la convenienza o no a metterlo in atto.