L’articolo 6 del Decreto Legislativo introduce, in capo all’Ente Partecipato, obblighi importanti il cui assolvimento rappresenta lo strumento di controllo delle dinamiche societarie.

In materia di organizzazione e gestione delle società a controllo pubblico, il T.U. sancisce alcuni principi fondamentali come:
l’adozione di sistemi di contabilità separata in caso di svolgimento di attività economiche, protette da regimi speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato;

la predisposizione di specifici programmi di valutazione del rischio di crisi d’impresa;

la possibilità di affiancare ai regolamenti sull’organizzazione e sulla gestione organi di controllo ordinari, previsti dalla legge e dallo Statuto;
specifici regolamenti delle società a controllo pubblico organi finalizzati a rafforzarne l’efficacia.

Le società controllate danno conto dell’adozione o della mancata adozione di ulteriori strumenti di governo nell’apposita relazione annuale sul governo societario, da predisporsi a chiusura dell’esercizio e da pubblicarsi contestualmente al bilancio.

L’articolo 6 sancisce:

“1. Le società a controllo pubblico, che svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all’obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2 -bis dell’articolo 8 della legge10 ottobre 1990, n. 287, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività.

2. Le società a controllo pubblico predispongono specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale e ne informano l’assemblea nell’ambito della relazione di cui al comma 4.

3. Fatte salve le funzioni degli organi di controllo previsti a norma di legge e di statuto, le società a controllo pubblico valutano l’opportunità di integrare, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative nonché dell’attività svolta, gli strumenti di governo societario con i seguenti:

a) regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale;

b) un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell’impresa sociale, che collabora con l’organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmette periodicamente all’organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l’efficienza della gestione;

c) codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi a oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell’attività della società;

d) programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell’Unione europea.

4. Gli strumenti eventualmente adottati ai sensi del comma 3 sono indicati nella relazione sul governo societario che le società controllate predispongono annualmente, a chiusura dell’esercizio sociale e pubblicano contestualmente al bilancio d’esercizio.

5. Qualora le società a controllo pubblico non integrino gli strumenti di governo societario con quelli di cui al comma 3, danno conto delle ragioni all’interno della relazione di cui al comma 4.”

Il provvedimento in esame attua un coordinamento tra le diverse e numerose disposizioni che si sono succedute nel tempo, molto spesso in maniera contraddittoria e confusa, in materia di società a partecipazione pubblica, con l’intento di restituire coerenza e sistematicità all’intero sistema e con riguardo all’efficiente gestione delle partecipazioni, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica.

In particolare, il decreto risponde alle esigenze individuate dal Parlamento ai fini del riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, di cui all’art.18 della citata Legge n. 124/2015, attraverso i seguenti principali interventi:

l’ambito di applicazione della disciplina, con riferimento sia all’ipotesi di costituzione della società sia all’acquisto di partecipazioni in altre società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta (artt. 1, 2, 23 e 26);

l’individuazione dei tipi di società e le condizioni e i limiti in cui è ammessa la partecipazione pubblica (artt. 3 e 4);

il rafforzamento degli oneri motivazionali e degli obblighi di dismissione delle partecipazioni non ammesse (artt. 5, 20 e 24);

la razionalizzazione delle disposizioni in materia di costituzione di società a partecipazione pubblica ed acquisto di partecipazioni (artt. 7 e 8), nonché di organizzazione e gestione delle partecipazioni (artt. 6, 9, 10 e 11);

l’introduzione di requisiti specifici per i componenti degli organi amministrativi (art. 11);

la definizione delle responsabilità (art. 12);

la definizione di specifiche disposizioni in materia di monitoraggio, controllo e controversie delle società partecipate (artt. 13 e 15);

l’introduzione di disposizioni specifiche in materia di crisi d’impresa, e l’assoggettamento delle società a partecipazione pubblica alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e, ove ricorrano i presupposti, sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi1 (art. 14);

il riordino della disciplina degli affidamenti diretti di contratti pubblici per le società in house (art. 16);

l’introduzione di disposizioni specifiche in materia di società a partecipazione mista pubblico-privata (art. 17);

l’introduzione di disposizioni specifiche in materia di quotazione delle società a controllo pubblico in mercati regolamentati (art. 18);

la razionalizzazione delle disposizioni vigenti in materia di gestione del personale (art. 19 e25);

l’assoggettamento delle società partecipate agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, stabiliti dal D. Lgs. n. 33/2013 (art. 22);

la razionalizzazione delle disposizioni finanziarie vigenti in materia di società partecipate dalle amministrazioni locali (art. 21);

l’attuazione di una ricognizione periodica delle società partecipate e l’eventuale adozione di piani di razionalizzazione (art. 20);

la revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche, in sede di entrata in vigore del testo unico (art. 24);

le disposizioni di coordinamento con la legislazione vigente (art. 27 e 28).

L’8 settembre 2016, in Gazzetta Ufficiale n. 210, è stato pubblicato il Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”.

Il testo del Decreto definitivamente licenziato recepisce parte delle osservazioni espresse con propri pareri dalla Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dal Consiglio di Stato, dalla Commissione bicamerale per la semplificazione e dalle Commissioni parlamentari competenti per materia, secondo quanto disposto dall’articolo 16, comma 4, della Legge n. 124 del 2015, recante le “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.

In molti casi, accade che le buone prospettive del mercato inducano l’azienda a crescere troppo in fretta, con la conseguente e pericolosa riduzione delle riserve di tesoreria.

L’esperienza mostra come le crisi di liquidità siano frequentissime e spesso conducano l’azienda verso l’insolvenza ed il dissesto. È possibile, tuttavia,

utilizzare accuratamente i dati di bilancio, prevenire e, quindi, evitare queste pericolosissime strette di liquidità.

La premessa di questa impostazione è la considerazione che la crescita e la liquidità sono due fenomeni contrapposti: un aumento della crescita significa una minor liquidità, e viceversa.

Le variazioni del rapporto fra le due variabili si possono rappresentare attraverso la cosidetta curva operativa.

Ai fini della costruzione della curva operativa, la variazione più significativa è la trasformazione delle scorte da attività finanziaria corrente in variabile di crescita. Con questa modifica, le variabili della crescita sono:

1. i beni patrimoniali;

2. gli impianti e le attrezzature (patrimonio netto);

3. le scorte;

4. le altre attività a lungo termine.

Se aumenta il totale rappresentato dalle variabili suddette, di solito le vendite e gli utili crescono. Se il totale diminuisce, le vendite e gli utili dovrebbero ridursi.

Seguendo tale impostazione, la redditività è la variazione annuale degli utili non distribuiti divisa per le vendite.

A differenza dell’utile netto (che non tiene conto dei dividendi), gli utili non distribuiti sono il dato su cui l’azienda deve realmente lavorare. Utilizzando questa definizione di redditività, si possono collegare gli utili con il tasso di crescita degli investimenti in attività fisiche.

Comunemente, la liquidità viene concepita in termini di capitale circolante, ma in questo contesto è data dal capitale circolante diminuito delle scorte e dell’indebitamento a lungo termine del capitale sociale. La cifra rimanente si può definire come liquidità operativa.

A questo punto, occorre stabilire il cambiamento delle variabili della liquidità operativa e della crescita di anno in anno. Si dividono, pertanto, queste variazioni annuali per la cifra delle vendite relativa all’anno più recente.

Le cifre percentuali così ottenute vanno riportate su un grafico, ponendo il rapporto capitale/vendite sull’asse orizzontale e il rapporto liquidità relativa/vendite su quello verticale.

Tracciando poi una retta di regressione con il sistema dei minimi quadrati, si ricava la curva operativa, riportata in figura, dove abbiamo evidenziato i punti di equilibrio operativo e la zona di gap operativo.

Il punto di equilibrio operativo è il punto in cui la curva operativa è pari a 0 lungo l’asse della liquidità; esso rappresenta il massimo tasso di crescita che si può ottenere con il finanziamento interno. A sinistra di questo punto lungo l’asse, non dovrebbe essere necessario ricorrere ad alcun finanziamento a lungo termine.

Il gap operativo è la differenza tra lo zero lungo l’asse della liquidità e la posizione attuale di un’azienda sulla curva operativa. Se tale posizione si trova al di sotto del punto di equilibrio operativo, l’azienda dovrà colmare il divario con il finanziamento esterno a lungo termine.

Una gestione attenta ed efficace da parte del management aziendale fa sì che i cambiamenti annuali delle variabili di crescita e di liquidità cadano in prossimità della curva operativa.

Quando, infatti, con tassi di sviluppo elevati, i dati di crescita e di liquidità del momento indicano un punto molto al di sotto della curva operativa stabilita, diventa facile prevedere i segnali di crisi.

Con le definizioni più comuni di liquidità, che tendono a offuscare la vera condizione del cash flow, i dirigenti troverebbero difficile, per non dire impossibile, riuscire a prevedere possibili criticità.