INTRODUZIONE

Le imprese hanno un ciclo di vita che gli esperti aziendalisti amano suddividere in almeno quattro fasi:
Iniziale: lo start up è caratterizzato, nel maggior parte dei casi, da volumi di affari ridotti, bassa capacità di produrre profitti a causa dei costi di avvio della produzione e affermazione sul mercato;
Sviluppo: l’andamento degli affari e dei profitti cominciano progressivamente a migliorare, segnando trend positivi di crescita;

Maturità: l’impresa produce il volume di affari in grado di garantire buoni profitti;
Declino: l’impresa subisce un progressivo affievolimento della capacità di resistere alla concorrenza, il volume di affari regredisce e con esso i profitti fino a condurre l’impresa al termine del suo ciclo di vita.
Nel corso della sua vita ogni impresa può attraversare momenti di difficoltà economica e gestionale e, a seconda della gravita e complessità delle difficoltà, tale situazione potrà evolversi in quella particolare situazione chiamata “crisi”.

I segnali di questa condizione si manifestano nell’incapacità di fare fronte con regolarità alle obbligazioni assunte attraverso i mezzi finanziari scaturenti dal ciclo produttivo imprenditoriale o dalla venuta meno fiducia da parte degli stakeholders. Sarà compito della “governance” aziendale valutare la gravità dello stato di “crisi” in maniera tale da approntare le necessarie cure ed assumere le indispensabili decisioni.
Dovranno essere messi in campo metodi di analisi e strumenti di valutazione della gravità della situazione al fine di assumere decisioni sul “cosa fare”.

La decisione del “cosa fare” sarà il risultato della valutazione della situazione aziendale e potrà condurre anche al fallimento dell’impresa.
La recente approvazione del Testo Unico recante norme sulle società partecipate dagli Enti Pubblici, normativa attesa da diversi anni e quanto mai provvidenziale, ha posto a carico dei soggetti giuridici coinvolti obblighi e responsabilità che meritano un’attenta analisi ed introducono, al tempo stesso, l’esigenza di comprendere quanto sia importante avere uno strumento di facile utilizzo che metta in evidenza, per tempo, gli indicatori della crisi di impresa.

Nelle pagine seguenti cercheremo di fornire strumenti di analisi e comprensione dello stato “economico”, “patrimoniale” e “Finanziario” delle imprese in “mano pubblica” per prevenire le nefaste conseguenze del mancato controllo degli indicatori della “crisi d’impresa”.

La problematica riveste una particolare importanza, sia alla luce del ruolo significativo che questi soggetti hanno acquisito nel contesto economico, sia in ragione della perdurante incertezza, ai fini dell’applicazione delle diverse normative settoriali, in ordine alla loro collocazione nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico o privatistico.
Come noto, sia la normativa codicistica (art. 2221 c.c.) che quella fallimentare (art. 1, l. fall.) stabiliscono per gli enti pubblici un’espressa esclusione dall’applicazione delle disposizioni in materia di fallimento e di concordato preventivo.

Tale scelta trova fondamento e nutrimento sull’idea della presunta incompatibilità tra le finalità proprie dell’attività degli enti pubblici e gli effetti tipici della procedura fallimentare, nonché l’esigenza di mantenere in capo a questi (enti pubblici) la titolarità delle funzioni amministrative, non consentendo l’ingerenza dell’autorità giudiziaria in ambiti riservati all’autorità amministrativa e l’interruzione del pubblico servizio erogato dall’ente.

Con riferimento alle società a capitale pubblico, il nuovo Testo Unico fa chiarezza stabilendo l’assoggettamento degli stessi alla Legge Fallimentare superando, in tal modo, le difficoltà circa la loro relative identificazione.

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